Il giorno e l’ora – Marcello Venturi.
Una piccola città di provincia, sovraffolata di uomini e macchine, dove tuttavia si vive come in mezzo a un deserto. Un’antica bottega polverosa, rimasta intatta tra le scintillanti vetrine dei negozi moderni, dove un vecchio sognatore maneggia orologi, per mestiere e per vocazione, riparandone i guasti e regolandone il ritmo. Un’estate che ritorna puntualmente, con la violenza delle sue luci impietose, a mettere a nudo le magagne di una società e a risvegliare malesseri segreti. Passerotti che abbandonano il nido, aggiungendo solitudine. Un cane come unica compagnia. Giornate che scorrono lente e prive di senso, segnate dalle sonerie delle pendole e dai ricordi e i dubbi del passato.
Poi, un giorno, sulla soglia consunta della bottega, l’apparire di una misteriosa signora, che affida alle cure dell’abile artigiano un orologio malato, privo di identità (un orologio o una sfida?).
La bellezza della nuova cliente rievoca volti di attrici scomparse, sogni di amori mancati. Riaccende speranze – sempre all’erta – di un appuntamento possibile: la vita, insomma, non è ancora finita, nonostante gli anni, le incomprensioni familiari e la mentalità predominante dell’usa e getta. Ma intanto occorre fare i conti con la realtà: con l’orologio. Il cui meccanismo interno, composto di fragilissimi congegni, risulta incurabile per la mancanza per la mancanza dei pezzi di ricambio. Così che la sua fuga impazzita prosegue inarrestabile – come la fuga dei vacanzieri di ferragosto – tra le mani impotenti del vecchio sognatore.
L’appuntamento con la bella signora, tuttavia, ci sarà: in una villa appartata, e un po’ sinistra, della pineta. Ma in anticipo sui tempi. Il vero appuntamento sarà per l’indomani, nel giorno fissato e all’ora stabilita: nel vuoto della città dove non c’è nessuno che ti porge una mano, o che risponda a una tua ultima domanda.
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