L’ultimo incantesimo – Mary Stewart.
Titolo originale: The last enchantment.
Traduzione: Bruno Oddera.
Le favolose figure del cavalleresco mondo medioevale: Artù e la sua magica spada Excalibur, Merlino, Ginevra, Morgana, gli eroi del ciclo del Graal interpretano in un clima leggendario l’eterno contrasto tra il bene e il male, l’odio e l’amore. Uomini e donne che potrebbero vivere, amare, soffrire nei nostri giorni e nei quali ogni lettore può riconoscersi.
John Steinbeck, nel libro “Le gesta di Artù e dei suoi nobili cavalieri”, ha tentato di tradurre in uno stile moderno la leggenda arturiana, “senza nulla omettere e nulla aggiungere”. In breve, almeno nelle intenzioni, la sua voleva essere soltanto un’operazione semplificatrice “per non spazientire il lettore d’oggi con termini desueti e ritmi maestosi”. Lo scopo di Mary Stewart in questo poetico e affascinante romanzo, è del tutto diverso. La saga di Artù viene considerata dall’Autrice semplicemente come uno spunto, un trampolino di lancio, pre creare un racconto nel quale il mondo di Merlino e dei cavalieri della tavola rotonda non è che lo sfondo – per quanto rispettosamente rievocato – contro il quale si esplicano gli impulsi e le passioni di personaggi appartenenti tanto al passato quanto al presente, perché umani e straordinariamente vivi. Così, le figure favolose del mondo cavalleresco medioevale – l’Alto Re della Britannia, il “Grande Incantatore”, Lancillotto (che qui assume il nome di Bedwyr), Ginevra, Morgana e Morgause – divengono, al di là delle incrostazioni della leggenda, uomini e donne che potrebbero vivere, amare, odiare e combattere nei nostri giorni. In essi, ogni lettore può riconoscersi. Questo è il merito essenziale del libro di Mary Stewart che, una volta di più, offre al pubblico italiano un romanzo incantevole, al contempo fantasioso e realistico, nel quale i grandi ed terni temi del contrasto tra bene e male, tra odio e amore, sono affrontati con rara sensibilità e con eccezionale perizia letteraria.
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